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venerdì 29 aprile 2011

TAR LECCE COME L'UE: L'ART. 14 COMMA 5 TER NON E' OSTATIVO ALL'EMERSIONE E VA DISAPPLICATO

LO SCORSO 28/04/2011 LA II SEZIONE DEL TAR DI LECCE HA ACCOLTO IL RICORSO PRESENTATO DALL’AVVOCATO ANGELA D’AMICO DI RUFFANO IN FAVORE DI UN CITTADINO MAROCCHINO AL QUALE LA QUESTURA DI LECCE AVEVA NEGATO IL PERMESSO DI SOGGIORNO IN QUANTO CONDANNATO AI SENSI DELL’ART. 14 COMMA 5 TER. D.LGS 286/1998. LA LUNGIMIRANZA DEI GIUDICI AMMINISTRATIVI AVEVA GIA’ PORTATO ALL’ACCOGLIMENTO DELLA DOMANDA CAUTELARE.
LA SENTENZA ARRIVA IN CONCOMITANZA CON LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA CHE HA SANCITO LA DISAPPLICAZIONE DELL’ARTICOLO IN QUESTIONE PERCHE’ CONTRARIO ALLA DIRETTIVA 2008/115.
QUESTA DECISIONE RAPPRESENTA IL PUNTO DI SVOLTA IN UNA DELICATA E COMPLICATA MATERIA CHE OBBLIGHERA’ LE QUESTURE ITALIANE, IN PRIMIS QUELLA DI LECCE, A RILASCIARE I PERMESSI DI SOGGIORNO A TUTTI COLORO I QUALI SI SONO VISTI CONDANNARE INGIUSTAMENTE AI SENSI DELL’ART. 14 COMMA 5 TER. (inosservanza dell’ordine di allontanamento),  CHE rappresenta l’emblema del processo di clandestinizzazione che i migranti irregolari subiscono da anni. TALE condanna, HA COMPORTATO SINO AD OGGI l’impossibilità di regolarizzarsi con la sanatoria, quindi il presupposto tipico alla base della impossibilità di trovare dopo anni e anni di clandestinità, una prospettiva di regolarizzazione.
L’AVVOCATO D’AMICO IN COLLABORAZIONE COL DOTT. RIZZO FABIO, EX POLIZIOTTO ESPERTO DELLA MATERIA, HA SEMPRE SOSTENUTO L’ILLEGITTIMITA’ DEL DINIEGO QUESTORILE E PER QUESTO HA CERCATO ED OTTENUTO QUESTA IMPORTANTISSIMA PRONUNCIA CHE RIDA’ GIUSTIZIA  A TUTTI GLI EXTRACOMUNITARI, ONESTI, DEBOLI E PRIVI DI REALE TUTELA NEL NOSTRO pAESE.

giovedì 28 aprile 2011

DUit - Diritti Umani in Italia | Riapertura del processo penale iniquo: la Corte costituzionale opta per la revisione del giudicato interno

DUit - Diritti Umani in Italia Riapertura del processo penale iniquo: la Corte costituzionale opta per la revisione del giudicato interno

UE contro Italia: non può punire con il carcere quei migranti irregolari che non rispettino l'ordine di abbandonare il Paese.

BRUXELLES (Reuters) - La Corte di giustizia dell'Unione europea ha detto oggi che l'Italia non può punire con il carcere quei migranti irregolari che non rispettino l'ordine di abbandonare il Paese.
Secondo la sentenza della Corte Ue, la detenzione rischia di compromettere la politica di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini irregolari nel rispetto dei loro diritti fondamentali.
La sentenza della Corte Ue giunge in seguito alla richiesta della Corte d'Appello di Trento su eventuali discrepanze tra la direttiva Ue sul rimpatrio dei cittadini irregolari e la normativa italiana che prevede il reato di immigrazione clandestina, introdotto dal governo del premier Silvio Berlusconi, nel pacchetto sicurezza del luglio 2009.
"La Corte considera che gli Stati membri non possono introdurre (...) una pena detentiva (...) solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare in detto territorio", si legge in una nota diffusa oggi dalla Corte che sollecita gli Stati membri "ad adoperarsi per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, che continua a produrre i suoi effetti".
Tale pena detentiva "rischia di compromettere la realizzazione dell'obiettivo perseguito dalla direttiva, ossia l'instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare nel rispetto dei loro diritti fondamentali".
Un algerino -- entrato illegalmente in Italia e condannato a un anno di reclusione per non aver rispettato l'ordine di lasciare il Paese lo scorso anno -- aveva impugnato la sentenza di condanna davanti alla Corte d'Appello di Trento.
La Corte ha sottolineato inoltre che la direttiva rimpatri non è stata trasposta nell'ordinamento giuridico italiano e ha ricordato che, "in questi casi, i singoli sono legittimati ad invocare, contro lo Stato membro inadempiente, le disposizioni di una direttiva che appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise".
http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE73R05520110428

venerdì 8 aprile 2011

FINALMENTE: La condanna a Strasburgo comporta un nuovo processo.

Una sorta di quarto grado di giudizio. Almeno nel penale. Va, infatti, riaperto il processo concluso con una condanna all'esito di un procedimento giudicato non equo dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Lo stabilisce la Corte costituzionale con un'importante sentenza che mette fine alle continue incertezze del legislatore che, anche di recente, nell'ambito del progetto di revisione di alcune norme del Codice di procedura penale, aveva inserito una disposizione specifica, senza però poi tradurre in legge il proposito.
Ora la Consulta, con la sentenza n. 113, scritta da Giuseppe Frigo e depositata ieri, ha stabilito l'illegittimità costituzionale dell'articolo 630 del Codice di procedura penale nella parte in cui non prevede un caso di revisione della pronuncia di condanna per conformarsi a un verdetto della Corte dei diritti dell'uomo.
La sentenza interviene sul "caso Dorigo", il militante comunista veneto condannato a 13 anni di carcere per l'attentato alla base di Aviano del 1993. Un procedimento "macchiato", accertò in seguito la Corte dei diritti dell'uomo, dal mancato rispetto delle regole sul giusto processo: venne infatti dato un peso decisivo alle dichiarazioni di tre coimputati che la difesa di Paolo Dorigo non aveva potuto controinterrogare in contraddittorio.
La necessità della riapertura andrà valutata, osserva la Corte costituzionale, oltre che in rapporto alla natura oggettiva della violazione accertata (ad esempio, non darà comunque luogo a riapertura il mancato rispetto del principio di ragionevole durata del processo, dato che la ripresa delle attività processuali approfondirebbe l'offesa), tenendo naturalmente conto delle indicazioni contenute nella sentenza della cui esecuzione si tratta.
In ogni caso potrebbe, precisa la Consulta, sempre intervenire il legislatore che «resta pertanto e ovviamente libero di regolare con una diversa disciplina, recata anche dall'introduzione di un autonomo e distinto istituto, il meccanismo di adeguamento alle pronunce definitive della Corte di Strasburgo, come pure di dettare norme su specifici aspetti di esso sui quali questa Corte non potrebbe intervenire, in quanto involventi scelte discrezionali (quale, ad esempio, la previsione di un termine di decadenza per la presentazione della domanda di riapertura del processo, a decorrere dalla definitività della sentenza della Corte europea)».


http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2011-04-08/condanna-strasburgo-porta-nuovo-081931_PRN.shtml