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giovedì 15 dicembre 2011

L’EUROPA BACCHETTA L’ITALIA SULL’INESISTENTE RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI.


L’EUROPA BACCHETTA L’ITALIA SULL’INESISTENTE RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI.


La Corte di Giustizia Europea, con sentenza 24 novembre 2011 (C-379/10), insiste sull’auspicabile riforma della normativa italiana che regola la responsabilità civile dei magistrati, ovvero l’ art. 2, l. n. 117/1988, limitatamente ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice. 
Già nel 2006 la Corte nella nota sentenza resa nel caso Traghetti del Mediterraneo (13 giugno 2006, causa C-173/03), aveva affermato che il diritto comunitario impedisce ad una normativa nazionale – come la nostra – di limitare la sussistenza della responsabilità dello Stato membro ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove tale limitazione conduca ad escludere la sussistenza di tale responsabilità nel caso in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente. A distanza di cinque anni, dunque, la Corte ribadisce che costituisce principio fondamentale del diritto dell'Unione l'obbligo per gli Stati membri di risarcire il danno cagionati ai singoli per violazione del diritto dell'Unione. I presupposti di tale responsabilità risarcitoria, sono da individuarsi nella violazione di una norma preordinata a conferire diritti ai singoli, nella sufficiente caratterizzazione di tale violazione (ovvero nel carattere "manifesto" della violazione) e nel nesso di causalità diretto fra la violazione e il danno subìto dai singoli. La Corte ha poi ulteriormente precisato che lo Stato è responsabile per ogni violazione cagionata da organi che formano lo Stato apparato, pertanto, come precisato nel caso Köbler (sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler) anche la violazione riferibile allo Stato-giudice può fondare la responsabilità dello Stato nel suo complesso. La limitazione del risarcimento al danno cagionato esclusivamente con dolo o colpa grave del giudice, costituisce una restrizione della responsabilità dello Stato che non può essere accettata in quanto non rispettosa del parametro della "violazione manifesta" che può da sola determinare l'insorgere della responsabilità dello Stato. E’ tempo, quindi, di introdurre il principio della piena responsabilità civile dei giudici per violazioni del diritto dell’Unione.

sabato 5 novembre 2011

La maestra che chiama "scioccarellino" un alunno commette il reato di ingiuria.



La quinta sezione penale della Corte di cassazione con sentenza n. 38297 del 24 ottobre 2011 ha stabilito che, risponde del reato di ingiuria ex art. 594 del codice penale, la maestra che apostrofa con il termine scioccarellino un proprio alunno in presenza degli altri studenti.
A nulla è valsa la difesa della maestra ricorrente di “non aver avuto alcuna intenzione di ingiuriare il piccolo alunno, altrimenti avrebbe utilizzato termini più offensivi e avrebbe scelto il momento in cui la vittima era sola”. La Suprema Corte, confermando quanto sostenuto dal Giudice di Pace in primo grado e dal Tribunale in appello, ha configurato il reato di ingiuria, partendo dalla potenzialità offensiva dell’espressione usata, la quale, secondo la Corte, non può essere valutata in astratto, ma piuttosto deve essere contestualizzata ed apprezzata in concreto, in relazione alle modalità del fatto ed a tutte le circostanze che lo caratterizzano.Sebbene l’epiteto in questione, “scioccarellino” possa astrattamente apparire di debole portata offensiva, deve rilevarsi come nel contesto dei fatti lo stesso fu idoneo a manifestare un disprezzo lesivo del decoro della persona, tanto più in quanto diretto verso un minore di età e in presenza dei suoi coetanei.

giovedì 7 luglio 2011

Il matrimonio è una cosa seria, VIETATO RIFIUTARE IL CONIUGE!

Il volontario rifiuto di un coniuge di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con l'altro, costituisce offesa gravissima alla dignità e alla personalità del partner, cui possono derivare danni irreversibili, e - in quanto configura ed integra violazione del dovere di assistenza morale e materiale - giustifica l'addebito della separazione.
Cass. civile , sez. I, 23 marzo 2005, n. 6276

domenica 26 giugno 2011

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: COSA BISOGNA SAPERE. CHIEDETE CONSIGLI PER EVITARE ERRORI IRREPARABILI.

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: ART. 186 CODICE DELLA STRADA, ART. 186 BIS ED ALTRE COSE DA SAPERE assicuri.com

La guida in stato di ebbrezza è un reato le cui conseguenze sono spesso trascurate. Se ne parla molto da anni ormai, i controlli sono all’ordine del giorno, l’art. 186 del Codice della Strada è tra i più conosciuti in assoluto ma sono ancora molti i dubbi e le incertezze dei guidatori italiani.

Innanzitutto cosa si rischia a guidare in stato di ebbrezza?
0,5-0,8 g/l di tasso alcolico: sanzione amministrativa da 500 a 2.000 € e sospensione della patente di guida da 3 a 6 mesi.
0,8-1,5 g/l di tasso alcolico: sanzione da 800 a 3.200 €, arresto fino a 6 mesi (la guida in stato di ebbrezza diventa quindi reato penale oltre lo 0,8 di tasso alcolico) e sospensione della patente di guida da 6 mesi a 1 anno.
Oltre 1,5 g/l di tasso alcolico: sanzione da 1.500 a 6.000 €, arresto da 6 mesi ad 1 anno, sospensione della patente di guida da 1 a 2 anni (anni che raddoppiano se si guida il veicolo di una persona estranea al reato), se il veicolo è proprio viene invece confiscato (ovvero la Pubblica Amministrazione lo acquisisce, coattivamente e senza indennizzo). In caso di recidiva durante un biennio la patente viene revocata (attenzione: il significato di revoca è annullamento permanente … non si può riprendere la patente di guida dopo che è stata revocata!).
La legge si fa più severa con neopatentati e conducenti di età inferiore a 21 anni, e con i conducenti di professione (art. 186 bis CdS). Queste categorie non possono bere alcolici prima di mettersi alla guida (per essi è infatti cancellata anche la soglia di tolleranza tra 0 e 0,4, vige il divieto totale di bere prima di guidare).
Se si provoca un incidente durante la guida in stato di ebbrezza le sanzione sopracitate vengono raddoppiate, scatta inoltre il fermo amministrativo del veicolo per 180 giorni (salvo che appartenga a persona estranea all’illecito). Se si provoca un incidente con tasso alcolico superiore ad 1,5 la patente viene revocata.
Se la guida in stato di ebbrezza avviene tra le 22 e le 7 l’ammenda viene aumentata del 33-50%.
Chi rifiuta l’alcol test viene punito con le seguenti pene: multa da 1.500 a 6.000 €, arresto da 6 mesi ad 1 anno e sospensione della patente di guida da 1 a 2 anni (anni che raddoppiano se si guida il veicolo di una persona estranea al reato), se il veicolo è il proprio, esso viene confiscato. Viene anche revocata la patente, se il fatto è commesso da persona condannata nei due anni precedenti per lo stesso reato.

Le sanzioni per guida in stato di ebbrezza, lo abbiamo visto, sono tutt’altro che lievi! L’art. 186 Codice della Strada parla chiaro e sfata parecchie leggende metropolitane: anche il rifiuto a sottoporsi all’alcol test è punito eccome!
Al di là della multa ciò che colpisce è la rilevanza penale del reato, senz’altro più “macchiante” di qualsiasi sanzione … al proposito chiarisco qua (dandovi un’altra brutta notizia) il discorso della sospensione condizionale della pena per la guida in stato di ebbrezza.
La sospensione condizionale della pena non “cancella” realmente il reato come molto spesso si crede, poiché questo rimane visibile a tutte le autorità (polizia, carabinieri, ma anche magistratura ed enti pubblici), percui questi saranno sempre a conoscenza del vostro reato (mentre al casellario giudiziale in effetti il reato non risulta più). Va da sé che, ad esempio, qualsiasi datore di lavoro che si informi della posizione di qualcuno presso uno di tali enti (prassi molto in voga in Italia) verrà comunque a conoscenza del reato, poiché l’unico modo di eliminare un reato commesso è l’abrogazione della norma che lo prevede (caso quantomeno improbabile per la guida in stato di ebbrezza). Morale della favola: il caso di sospensione condizionale della pena per la guida in stato di ebbrezza non elimina gran parte dei problemi ad esso connessi!
Toccato il discorso penale, darei anche una veloce spiegazione per quanto riguarda altri due punti che stanno molto a cuore agli italiani: la confisca e il sequestro del veicolo per guida in stato di ebbrezza: il sequestro, ai sensi del comma 2 art. 186 codice della strada, è disposto in due casi: tasso alcolico superiore ad 1,5 g/l e rifiuto alcol test. La confisca del veicolo, assieme alla revoca della patente, scatta nei casi più gravi (può essere disposto per i neopatentati alla guida dopo aver bevuto, casi di incidente stradale con tasso alcolico fuori norma oppure, come conseguenza del sequestro, casi in cui il tasso alcolico superi 1,5 g/l). Ricordiamo la differenza tra confisca e sequestro del veicolo: la confisca è la sottrazione definitiva del mezzo di trasporto, mentre il sequestro (che in caso di guida in stato di ebbrezza spesso semplicemente precede la confisca) non prevede la perdita di proprietà del mezzo.
Riassumendo, pur avendo esulato (ma nemmeno tanto) dal discorso fondamentale di cui si occupa il blog Assicuri (la disciplina del Codice della Strada è alla base di qualsiasi concetto relativo alla R.C. Auto) in questo post abbiamo trattato i seguenti argomenti:
art. 186 codice della strada
art. 186 bis codice della strada
rifiuto di sottoporsi all’alcol test
sanzioni per la guida in stato di ebbrezza
rilevanza penale del reato di guida in stato di ebbrezza
sospensione condizionale della pena per la guida in stato di ebbrezza
confisca del veicolo per guida in stato di ebbrezza
sequestro del veicolo per guida in stato di ebbrezza

domenica 12 giugno 2011

Esclusione immediata per la ditta che non presenta giustificazioni valide.

TAURISANO - Il Tar di Lecce mette fine alla vicenda della gara d’appalto, inerente la gestione del cimitero del Comune di Taurisano.
La questione, emersa successivamente all’aggiudicazione della gara da parte della ditta “Appalti Multiservice srl di Ruffano”, partiva con il successivo ricorso presentato dalla ditta “Serra Fernando di Taviano”, che si riteneva esclusa dall’appalto in maniera ingiustificata, cercando di far valere in sede legale le proprie ragioni.
Il Tribunale amministrativo salentino, tuttavia, con sentenza breve, ha respinto il ricorso pronunciandosi definitivamente a favore della ditta vincitrice: la società di Ruffano, patrocinata dall’avvocato Angela D’Amico, ha resistito nel ricorso della ditta di Taviano, esponendo alla corte la differente sostanza delle giustificazioni presentate alla stazione appaltante e sottolineando la “pretestuosità del ricorso”. I giudici amministrativi hanno confermato la validità delle tesi della D’Amico e dell’avvocato Mormandi per il comune di Taurisano, facendo definitivamente luce sull’intricata vicenda.
Per l'avvocato D’Amico, “La scelta compiuta dal Tar di emettere sentenza breve è la conferma della pretestuosità del ricorso, che va sempre condannata in quanto foriera di enormi disagi e perdite per le pubbliche amministrazioni nonché l’affermazione della correttezza e serietà della società da me difesa, che da anni opera nel delicato settore dei servizi cimiteriali dimostrando competenza e professionalità”.

Per il Tar l'appalto servizi cimiteriali è regolare - Lecce Prima.it - Quotidiano on-line di Lecce e del Salento

sabato 11 giugno 2011

CODICE APPALTI: LEGITTIMA L'ESCLUSIONE DALLA GARA PER GIUSTIFICAZIONI CARENTI IN CASO DI OFFERTA ANOMALA

AVV. D'AMICO ANGELA: La terza sezione del TAR di Lecce ha pronunciato un’importante sentenza in tema di appalti pubblici la 1037/2011.
Con sentenza in forma semplificata ha statuito che in caso di offerta anormalmente bassa, la presentazione di giustificazioni scarne da parte della ditta richiesta è paragonabile alla mancata presentazione delle stesse in quanto  tali da impedire in radice quella effettiva verifica sulla congruità e serietà dell’offerta che costituisce l’oggetto della fase procedimentale de qua e, quindi, da rendere pienamente legittimo il provvedimento di esclusione”.
E dunque la stazione appaltante non è obbligata al puntuale rispetto del subprocedimento dettato dal codice degli appalti in TEMA DI OFFERTE ANOMALE in quanto le giustificazioni possono essere considerate come NON PRESENTATE!

lunedì 23 maggio 2011

ABOLIZIONE CANONE RAI PER GLI OVER 75

Abolizione del canone RAI per soggetti di eta' pari o superiore a 75 anni Art. 1, comma 132, legge 24 dicembre 2007, n.248.Per avere diritto all'esenzione occorre:

- aver compiuto 75 anni di eta’ entro il termine di pagamento del canone;
- non convivere con altri soggetti diversi dal coniuge titolare di reddito proprio;
- possedere un reddito che unitamente a quello del proprio coniuge convivente, non sia superiore complessivamente ad euro 516,46 per tredici mensilita’ (euro 6.713,98 annui).

Per reddito si intende la somma:• del reddito imponibile (al netto degli oneri deducibili) risultante dalla dichiarazione dei redditi presentata per l’anno precedente; per coloro che sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione, si assume a riferimento il reddito indicato nel modello CUD;• dei redditi soggetti ad imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, quali, ad esempio, gli interessi maturati su depositi bancari, postali, BOT, CCT e altri titoli di Stato, nonché i proventi di quote di investimenti;• delle retribuzioni corrisposte da enti o organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica;• dei redditi di fonte estera non tassati in Italia.
Viceversa, sono esclusi dal calcolo:
1) i redditi esenti da Irpef (ad esempio pensioni di guerra, rendite INAIL, pensioni erogate ad invalidi civili);
2) il reddito dell’abitazione principale e relative pertinenze;
3) i trattamenti di fine rapporto e relative anticipazioni
4) altri redditi assoggettati a tassazione separata.
NB.: Il requisito del reddito deve essere riferito all’anno precedente a quello per il quale si intende fruire dell’agevolazione.La domanda di esenzione per gli anni 2008-2009-2010 deve essere presentata utilizzando il modulo di dichiarazione sostitutiva (ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) che puo’ essere scaricato dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/27a0fe804405ffaa8229f3c434049f0d/Circolare+n.+46E_Allegato+n.+1.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=27a0fe804405ffaa8229f3c434049f0d oppure reperito presso gli uffici locali o territoriali della stessa presso gli sportelli delle sedi regionali della Rai.
La domanda deve essere spedita tramite raccomandata al seguente indirizzo:Agenzia delle EntrateDirezione Provinciale I di TorinoUfficio territoriale di Torino 1Sportello S.A.T.Casella postale 2210121 - Torino (To)oppure consegnata agli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate.
Tutti i contribuenti interessati possono richiedere assistenza e informazioni sulle modalita’ di compilazione della dichiarazione e all’istanza di rimborso al numero 848.800.444 o presso gli uffici dell’Agenzia presenti su tutto il territorio nazionale. Inoltre e’ a disposizione dei cittadini il Call Center Risponde Rai al numero 199.123.000. Per avere diritto all’esenzione annuale per l'anno 2011 e’ necessario aver compiuto 75 anni (o un eta’ superiore) entro il 31/01/11.Coloro che intendono fruire del beneficio per la prima volta relativamente al secondo semestre dell’anno devono aver compiuto 75 anni di eta’ entro il 31/07/11. Anche in questo caso l’Agenzia delle Entrate effettuera’ i dovuti controlli per verificare le condizioni di eta’ e di reddito.Anche in questo caso l’Agenzia delle Entrate effettuera’ i dovuti controlli per verificare le condizioni di eta’ e di reddito.
La domanda di rimborso per gli anni 2008-2009-2010-2011, nel caso in cui siano presenti i requisiti, dovra’ essere effettuata tramite l’apposito modulo che puo’ essere scaricato dal sito Internet dell'Agenzia delle Entrate http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/b6069600440600258237f3c434049f0d/Circolare+n.+46E_Allegato+n.+2.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=b6069600440600258237f3c434049f0d oppure reperito presso gli uffici locali o territoriali della stessa Agenzia delle Entrate o presso gli sportelli delle sedi regionali della Rai, unitamente alla dichiarazione sostitutiva ai sensi degli articoli 46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni e integrazioni, che attesti il possesso dei requisiti e delle condizioni di ammissione.La domanda deve essere spedita tramite raccomandata al seguente indirizzo:
Agenzia delle EntrateDirezione Provinciale I di TorinoUfficio territoriale di Torino 1Sportello S.A.T.Casella postale 2210121 - Torino (To)oppure consegnata agli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate.
Naturalmente le domande di esenzione/rimborso presentate prima del 19/9/2010 - non potendo essere redatte sul modello ufficiale reso disponibile dall'Agenzia delle Entrate a partire dal giorno successivo - in presenza dei requisiti di eta' e di reddito indicati dalla legge saranno ritenute comunque valide, fatti salvi i dovuti controlli sulle condizioni del reddito eseguiti dall’Agenzia delle Entrate.

Qualora le informazioni fornite non fossero sufficienti l’Agenzia delle Entrate provvedera’ ad informare l’utente.
Nelle annualità successive, i contribuenti possono continuare a beneficiare dell’agevolazione senza procedere alla presentazione di nuove dichiarazioni. Resta fermo, tuttavia, che qualora il contribuente, negli anni successivi alla presentazione della dichiarazione, non risulti più in possesso dei requisiti per beneficiare della esenzione, sarà comunque tenuto al versamento del canone.

venerdì 20 maggio 2011

RUFFANO: EQUITALIA COSTRETTA A FARE MARCIA INDIETRO


E’ ILLEGITTIMA L’ISCRIZIONE DI IPOTECA LEGALE IN PENDENZA    
                           DELL’ISTANZA DI RATEIZZAZIONE

Questa volta Equitalia è stata costretta a tornare sui propri passi. La storia inizia con il povero contribuente che si vede obbligato a chiedere la rateizzazione di una cartella esattoriale sotto la minaccia del fermo amministrativo dei veicoli. A pochi giorni dalla richiesta l’indomabile Equitalia gli fa pervenire una raccomandata con la quale comunica l’avvenuta iscrizione di ipoteca legale sugli immobili.
L’oppresso contribuente si è rivolto all’avvocato D’amico Angela la quale per evitare le lungaggini di un procedimento giudiziario ha presentato un’articolata richiesta di annullamento in autotutela dell’iscrizione ipotecaria.
Dopo soli due giorni l’Equitalia ravvedutasi dell’errore ha richiesto formalmente all’Agenzia del territorio “la cancellazione totale dell’ipoteca legale per inefficacia dell’atto”.
Questa vittoria è la dimostrazione che i contribuenti sono spesso vittime ignare degli errori del colosso delle riscossioni Equitalia verso i quali si può anzi si deve fare qualcosa. Quanto accaduto valga come monito a tutti coloro i quali restano inermi d’innanzi alle vessazioni di Equitalia, spronandoli ad adoperarsi fattivamente per ottenere il rispetto dei propri diritti.
Avv. M. Angela D’amico

giovedì 19 maggio 2011

Cari notai... cari davvero!

L’Associazione dei consumatori, Altroconsumo, ha svolto un'indagine sulle tariffe applicate da un campione di notai in Italia, per riscontrare se c'è la tendenza a rispettare le tabelle contenute nel decreto ministeriale del 27.11.2001, che stabiliscono i compensi massimi che dovrebbero essere applicati ( ad eccezione naturalmente delle imposte e delle tasse relative alla registrazione dell'immobile), e anche sulla trasparenza, soprattutto in fase di definizione di un preventivo. A tale scopo sono stati fatti fare 22 preventivi da altrettanti notai su una compravendita di una abitazione adibita a abitazione principale, acquistata in contanti e, dunque, eliminando anche il problema del mutuo.
I notai sono stati scelti su tutto il territorio nazionale, precisamente nelle seguenti città: Torino, Milano, Padova, Roma, Bari, Napoli, Palermo. Dall'indagine è emerso che la maggioranza (14 su 22) dei notai interpellati ha applicato compensi ben al di sopra degli importi massimi stabiliti per legge, in alcuni casi con maggiorazioni del 58% !!!
Per quanto riguarda la trasparenza, anche questo aspetto sembra essere per lo più carente benché il primo punto del loro codice deontologico preveda che “ il notaio deve svolgere con correttezza e competenza la funzione di interpretazione e di applicazione della legge”.
Pare che, tranne alcune eccezioni riconducibili a taluni notai di Milano, Torino e Roma, i quali hanno inviato un preventivo dettagliato via e-mail, nella maggioranza dei casi i preventivi sono stati fatti sommariamente,e a Bari e a Palermo i notai contattati si sono addirittura rifiutati di lasciare un preventivo scritto. Due notai romani hanno lasciato un preventivo solo oralmente ed in un caso il professionista si è fatto pagare il disturbo con 50 euro.
Altroconsumo fa anche notare che in Italia, secondo le previsioni del Ministero della Giustizia, dovrebbero esserci circa 5.812 notai, ma di fatto i notai in attività sono solo 4.476… in ogni caso meno di un notaio ogni diecimila abitanti! Certo non si può dire che la categoria ami la concorrenza…tuttavia, cari utenti, raccomandandovi di pretendere sempre un preventivo aggiornato – fornendo al professionista ogni elemento utile alla redazione dello stesso –, vi ricordiamo che si possono consultare le tabelle stabilite con decreto ministeriale per farvi un’idea sui costi orientativi e poi… “non fate di tutta l’erba un fascio...” ci sono molti seri ed onesti professionisti e la nostra città, Salerno, ne vanta più di uno.

Cari notai... cari davvero!

mercoledì 11 maggio 2011

Sicurezza sul lavoro: ulteriori obblighi del datore.

“Il datore di lavoro è responsabile, per quanto riguarda la sicurezza dell'ambiente di lavoro, e ha l'obbligo di accertare la marchiatura CE delle macchine”. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione penale, sez. IV, con sentenza del 18 gennaio 2011, n. 1226.
Con la sentenza che qui si commenta la Suprema Corte ha ribadito il concetto che nel caso di infortunio del lavoratore causato da un macchinario dell'azienda usato nello svolgimento delle sue funzioni, il datore di lavoro è responsabile anche nel caso in cui il macchinario sia dotato del marchio di conformità CE, in quanto l'imprenditore è obbligato ad accertarsi che sia in possesso di tutti i requisiti di legge relativi alla sicurezza dei dipendenti

Sicurezza sul lavoro: ulteriori obblighi del datore.

ADUNANZA PLENARIA: SI alla regolarizzazione degli stranieri.

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - sentenza 10 maggio 2011* (richiamando la recente sentenza della Corte di Giustizia UE 28 aprile 2011, afferma che il reato di immigrazione clandestina ex art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 è venuto meno per affetto della Direttiva 2008/115 e che deve conseguentemente ritenersi illegittimo il diniego di regolarizzazione dello straniero facendo riferimento ad una condanna per detto reato; afferma anche interessanti principi sulla regola "tempus regit actum").

Telefonate indesiderate? Opponiamoci ! Nasce il registro pubblico delle opposizioni!

Telefonate indesiderate? Opponiamoci ! Nasce il registro pubblico delle opposizioni!

Con l'entrata in vigore del D.p.R. num. 178/2010 a partire dal 31 gennaio 2011, tutti i cittadini che risultino abbonati agli elenchi telefonici pubblici, e che non vogliono più ricevere fastidiose telefonate dagli operatori di telemarketing per la promozione di attività commerciali, o per il compimento di ricerche di mercato tramite l'uso del telefono, possono finalmente "opporsi a queste telefonate indesiderate", iscrivendo il proprio nominativo al Registro Pubblico delle Opposizioni.
 
La realizzazione di questo apposito registro è stato concepito, infatti, per apportare una maggiore tutela al cittadino -che sia persona fisica, giuridica, ente o associazione- il cui numero telefonico risulti presente negli elenchi telefonici pubblici. Ogni cittadino italiano, infatti, ha la possibilità di iscrivere, gratuitamente, il proprio numero di telefono al registro in questione, escludendolo così dalla portata degli operatori di telemarketing e salvaguardando così la propria tranquillità casalinga e/o lavorativa (si pensi alle innumerevoli telefonate che inondano, ad oggi, studi legali, studi medici ecc).

La richiesta per poter accedere al servizio dovrà essere inoltrata, dal cittadino che ne fa richiesta, mediante l'utilizzo a scelta delle seguenti modalità: web, telefono, raccomandata, fax, email, compilando l'apposito modulo scaricabile, gratuitamente, dal sito: www.registrodelleopposizioni.it

Attraverso l'istituzione del seguente registro, finalmente, si è inteso raggiungere un corretto equilibrio tra le esigenze dei singoli cittadini che hanno scelto di non ricevere più telefonate commerciali, ad ogni ora del giorno e della notte, con le varie esigenze delle imprese di comunicazioni che, dal 2011 in poi, saranno costretti ad operare in uno scenario di maggior ordine e trasparenza.

Ed infatti, a seguito dell'entrata in vigore di questo apposito registro, l'operatore telefonico che vuole commercializzare i propri prodotti via-telefono sarà obbligato a registrarsi al sistema, controllato dal registro, ed a comunicare la lista dei numeri telefonici che intende contattare, pena incorrere nelle sanzioni previste dal Codice della Privacy.

Nello specifico, il sistema, mettendo a confronto le informazioni contenute nel registro delle opposizioni e la lista dei numeri fornita dall'operatore, cancellerà da quest'ultima tutti i numeri dei cittadini che hanno richiesto di non essere contattati.

Inoltre la lista, poi aggiornata dal sistema, e dunque "filtrata" dai numeri telefonici degli abbonati che si sono iscritti al Registro Pubblico delle Opposizioni, dovrà essere rimessa a disposizione dell'Operatore entro 24 ore dalla richiesta e avrà validità quindicinale, per consentire così il continuo aggiornamento dell'elenco delle opposizioni.

Dunque, ricapitolando, quali sono, i requisiti del servizio?

1) Il num. telefonico dell'abbonato deve essere presente negli elenchi telefonici pubblici;

2) Il servizio è completamente gratuito ed a tempo indeterminato e può essere revocato, dall'abbonato, in qualsiasi momento e senza alcuna limitazione.

3) Può essere richiesto in ogni momento e a qualsiasi ora, anche nei giorni festivi.

4) Possono essere iscritti nel registro anche più numerazioni intestate allo stesso abbonato.

5) Il numero telefonico, del singolo abbonato, rimane sicuro e protetto contro qualsiasi accesso abusivo in quanto, sia il nominativo che il numero telefonico, saranno trattati esclusivamente per finalità ispettive da parte del Garante per la Protezione dei dati personali o dell'Autorità giudiziaria.

6) Il servizio decade automaticamente quando cambia la persona intestataria o si verifica la cessazione dell'utenza, attraverso l'aggiornamento automatico del registro.

Inoltre, è sempre facoltà dell'utente aggiornare e/o revocare la propria iscrizione nel registro.

A tal fine, infatti, viene rilasciato un "codice utenza", fornito al momento dell'iscrizione attraverso email o in modalità telefonica che costituisce un'ulteriore forma di tutela per l'abbonato contro l'accesso abusivo ai propri dati.

In conclusione, ricordatevi che l'opposizione formalizzata attraverso l'inscrizione in questo apposito registro protegge l'abbonato dalle chiamate indesiderate degli operatori di telemarketing che utilizzano, come fonte dei propri contatti, gli elenchi telefonici pubblici.

Non potrà, al contrario, tutelare il cittadino dal trattamento dei dati telefonici, da lui forniti volontariamente, da fonti diverse quali a titolo di esempio: tessere di fidelizzazione, tessere per raccolta punti, promozioni eccetera e sempre nel rispetto della normativa vigente.

venerdì 29 aprile 2011

TAR LECCE COME L'UE: L'ART. 14 COMMA 5 TER NON E' OSTATIVO ALL'EMERSIONE E VA DISAPPLICATO

LO SCORSO 28/04/2011 LA II SEZIONE DEL TAR DI LECCE HA ACCOLTO IL RICORSO PRESENTATO DALL’AVVOCATO ANGELA D’AMICO DI RUFFANO IN FAVORE DI UN CITTADINO MAROCCHINO AL QUALE LA QUESTURA DI LECCE AVEVA NEGATO IL PERMESSO DI SOGGIORNO IN QUANTO CONDANNATO AI SENSI DELL’ART. 14 COMMA 5 TER. D.LGS 286/1998. LA LUNGIMIRANZA DEI GIUDICI AMMINISTRATIVI AVEVA GIA’ PORTATO ALL’ACCOGLIMENTO DELLA DOMANDA CAUTELARE.
LA SENTENZA ARRIVA IN CONCOMITANZA CON LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA CHE HA SANCITO LA DISAPPLICAZIONE DELL’ARTICOLO IN QUESTIONE PERCHE’ CONTRARIO ALLA DIRETTIVA 2008/115.
QUESTA DECISIONE RAPPRESENTA IL PUNTO DI SVOLTA IN UNA DELICATA E COMPLICATA MATERIA CHE OBBLIGHERA’ LE QUESTURE ITALIANE, IN PRIMIS QUELLA DI LECCE, A RILASCIARE I PERMESSI DI SOGGIORNO A TUTTI COLORO I QUALI SI SONO VISTI CONDANNARE INGIUSTAMENTE AI SENSI DELL’ART. 14 COMMA 5 TER. (inosservanza dell’ordine di allontanamento),  CHE rappresenta l’emblema del processo di clandestinizzazione che i migranti irregolari subiscono da anni. TALE condanna, HA COMPORTATO SINO AD OGGI l’impossibilità di regolarizzarsi con la sanatoria, quindi il presupposto tipico alla base della impossibilità di trovare dopo anni e anni di clandestinità, una prospettiva di regolarizzazione.
L’AVVOCATO D’AMICO IN COLLABORAZIONE COL DOTT. RIZZO FABIO, EX POLIZIOTTO ESPERTO DELLA MATERIA, HA SEMPRE SOSTENUTO L’ILLEGITTIMITA’ DEL DINIEGO QUESTORILE E PER QUESTO HA CERCATO ED OTTENUTO QUESTA IMPORTANTISSIMA PRONUNCIA CHE RIDA’ GIUSTIZIA  A TUTTI GLI EXTRACOMUNITARI, ONESTI, DEBOLI E PRIVI DI REALE TUTELA NEL NOSTRO pAESE.

giovedì 28 aprile 2011

DUit - Diritti Umani in Italia | Riapertura del processo penale iniquo: la Corte costituzionale opta per la revisione del giudicato interno

DUit - Diritti Umani in Italia Riapertura del processo penale iniquo: la Corte costituzionale opta per la revisione del giudicato interno

UE contro Italia: non può punire con il carcere quei migranti irregolari che non rispettino l'ordine di abbandonare il Paese.

BRUXELLES (Reuters) - La Corte di giustizia dell'Unione europea ha detto oggi che l'Italia non può punire con il carcere quei migranti irregolari che non rispettino l'ordine di abbandonare il Paese.
Secondo la sentenza della Corte Ue, la detenzione rischia di compromettere la politica di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini irregolari nel rispetto dei loro diritti fondamentali.
La sentenza della Corte Ue giunge in seguito alla richiesta della Corte d'Appello di Trento su eventuali discrepanze tra la direttiva Ue sul rimpatrio dei cittadini irregolari e la normativa italiana che prevede il reato di immigrazione clandestina, introdotto dal governo del premier Silvio Berlusconi, nel pacchetto sicurezza del luglio 2009.
"La Corte considera che gli Stati membri non possono introdurre (...) una pena detentiva (...) solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare in detto territorio", si legge in una nota diffusa oggi dalla Corte che sollecita gli Stati membri "ad adoperarsi per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, che continua a produrre i suoi effetti".
Tale pena detentiva "rischia di compromettere la realizzazione dell'obiettivo perseguito dalla direttiva, ossia l'instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare nel rispetto dei loro diritti fondamentali".
Un algerino -- entrato illegalmente in Italia e condannato a un anno di reclusione per non aver rispettato l'ordine di lasciare il Paese lo scorso anno -- aveva impugnato la sentenza di condanna davanti alla Corte d'Appello di Trento.
La Corte ha sottolineato inoltre che la direttiva rimpatri non è stata trasposta nell'ordinamento giuridico italiano e ha ricordato che, "in questi casi, i singoli sono legittimati ad invocare, contro lo Stato membro inadempiente, le disposizioni di una direttiva che appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise".
http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE73R05520110428

venerdì 8 aprile 2011

FINALMENTE: La condanna a Strasburgo comporta un nuovo processo.

Una sorta di quarto grado di giudizio. Almeno nel penale. Va, infatti, riaperto il processo concluso con una condanna all'esito di un procedimento giudicato non equo dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Lo stabilisce la Corte costituzionale con un'importante sentenza che mette fine alle continue incertezze del legislatore che, anche di recente, nell'ambito del progetto di revisione di alcune norme del Codice di procedura penale, aveva inserito una disposizione specifica, senza però poi tradurre in legge il proposito.
Ora la Consulta, con la sentenza n. 113, scritta da Giuseppe Frigo e depositata ieri, ha stabilito l'illegittimità costituzionale dell'articolo 630 del Codice di procedura penale nella parte in cui non prevede un caso di revisione della pronuncia di condanna per conformarsi a un verdetto della Corte dei diritti dell'uomo.
La sentenza interviene sul "caso Dorigo", il militante comunista veneto condannato a 13 anni di carcere per l'attentato alla base di Aviano del 1993. Un procedimento "macchiato", accertò in seguito la Corte dei diritti dell'uomo, dal mancato rispetto delle regole sul giusto processo: venne infatti dato un peso decisivo alle dichiarazioni di tre coimputati che la difesa di Paolo Dorigo non aveva potuto controinterrogare in contraddittorio.
La necessità della riapertura andrà valutata, osserva la Corte costituzionale, oltre che in rapporto alla natura oggettiva della violazione accertata (ad esempio, non darà comunque luogo a riapertura il mancato rispetto del principio di ragionevole durata del processo, dato che la ripresa delle attività processuali approfondirebbe l'offesa), tenendo naturalmente conto delle indicazioni contenute nella sentenza della cui esecuzione si tratta.
In ogni caso potrebbe, precisa la Consulta, sempre intervenire il legislatore che «resta pertanto e ovviamente libero di regolare con una diversa disciplina, recata anche dall'introduzione di un autonomo e distinto istituto, il meccanismo di adeguamento alle pronunce definitive della Corte di Strasburgo, come pure di dettare norme su specifici aspetti di esso sui quali questa Corte non potrebbe intervenire, in quanto involventi scelte discrezionali (quale, ad esempio, la previsione di un termine di decadenza per la presentazione della domanda di riapertura del processo, a decorrere dalla definitività della sentenza della Corte europea)».


http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2011-04-08/condanna-strasburgo-porta-nuovo-081931_PRN.shtml

lunedì 21 marzo 2011

FUMO PASSIVO: Riconoscimento della rendita mensile per inabilità permanente

Con una recentissima sentenza , la Corte di Cassazione ha riconosciuto la possibilità, per i lavoratori affetti da gravi patologie respiratorie, di ricevere una rendita mensile per inabilità permanente se, per anni, sono stati costretti a subìre il fumo passivo dei colleghi nei locali in cui prestavano la propria attività lavorativa, ma solo se si accerti giudizialmente la stretta correlazione tra la malattia insorta nel lavoratore e l’aria insalubre respirata, per anni, durante l’orario di lavoro. E ciò grazie alle ultime conoscenze mediche di settore che, oggi più che mai, tendono ad analizzare - attraverso un’anamnesi lavorativa e patologica del paziente- la stretta correlazione tra le più gravi patologie respiratorie croniche (sempre più diffuse in quest’ultimo periodo) con la prolungata esposizione al fumo passivo durante le lunghe giornate lavorative.

domenica 20 marzo 2011

Perchè i soldi per la guerra ci sono?

Sembra assurdo che i governanti di tutte le nazioni trovano sempre i soldi, tanti soldi, per fare la guerra quando soldi per le esigenze dei governati non ce ne sono. Sa di beffa vedere i politici piangere per le casse dello Stato vuote facendoci credere che l'aumento delle tasse sia un obbligo e poi vederli fare la guerra senza troppi pensieri. Con ciò non voglio dire che le guerre sono inutili, anzi alle volte sono l'unica soluzione, ma il dubbio è lecito.   

sabato 19 marzo 2011

venerdì 18 marzo 2011

ITALIA ASSOLTA a Strasburgo sul Crocefisso nelle aule.

La Corte europea per i diritti dell'uomo ha detto no alla tesi della violazione dei diritti umani

Finalmente la Corte di Strasburgo si pronuncia sul ricorso di una cittadina italiana di orgine finlandese, che contestava la presenza del crocefisso nella scuola pubblica italiana. La Grande Camera della CEDU ha dato ragione all'Italia nella causa «Lautsi e altri contro Italia» sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche. Dunque, la presenza di crocifissi nelle classi non viola il diritto all'istruzione.  la Corte ha concluso che «nel decidere di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai bambini della ricorrente, le autorità hanno agito nei limiti e nel quadro di cui dispone l'Italia prevedendo l'obbligo di rispettare il diritto dei genitori di assicurare la formazione secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche».

domenica 13 marzo 2011

dott. Fabio Rizzo: Risarcimento per l'eccessiva durata del processo.

Cos'è ?Al 31 dicembre 2008 sono pendenti presso la Corte europea dei diritti dell’uomo 2600 ricorsi a carico dell’Italia per irragionevole durata dei giudizi e alla stessa data sono ben 37.903 i decreti emessi dalle varie Corti di Appello dall’entrata in vigore della Legge 89/01, con un esborso complessivo di ottantuno milioni di euro.
La Legge del 24 marzo 2001, n. 89, denominata comunemente “legge Pinto”, ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico statale uno strumento che consente un’equa riparazione a chi è stato coinvolto in un processo – civile, penale, amministrativo, pensionistico, militare o, a certe condizioni, tributario – per un periodo di tempo considerato irragionevole, cioè troppo lungo.
Qual è la ragionevole durata del processo ?
In generale i Giudici italiani hanno fissato la durata ragionevole del processo in primo grado in tre anni. Per il secondo grado, invece, la durata ragionevole è stata indicata in due anni ed in uno per i gradi successivi.
N.B. La Giurisprudenza della Corte Europea ha acclarato ragionevole la durata media del processo di primo grado se contenuta in tre anni (due anni e sette mesi se trattasi di cause di lavoro o di status).

Chi può ricorrere ?
Chiunque nel processo abbia assunto la qualità di parte processuale (attore o convenuto), a prescindere dall’esito della lite per la parte ricorrente sia che essa perda, vinca o concili la lite davanti ai giudici nazionali.

Cosa risarcire ?
L'equa riparazione prevede il risarcimento di danni sia patrimoniali che non patrimoniali.
In relazione ai primi, occorre dimostrare che il lungo iter processuale, di cui si lamenti l'eccessiva durata, abbia causato specifici danni al patrimonio (ad esempio, la perdita di reddito, ovvero l'impossibilità di acquisire proventi).
Per quanto riguarda, invece, i danni non patrimoniali, la Corte di Cassazione si è adeguata alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale conferma che, in tema di equa riparazione, “ai sensi dell'art. 2, della Legge 24 marzo 2001, n. 89, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali”.
In sintesi: poiché il danno non patrimoniale costituisce una conseguenza della violazione, è normale che l'irragionevole lunghezza di un processo produca, nella parte coinvolta, afflizioni, ansie, sofferenze morali che non occorre dimostrare. Le conseguenze non patrimoniali, quindi, possono ritenersi presenti senza il bisogno di alcuna prova relativa al singolo caso.

Qual è l'importo dell'indennizzo ?
La giurisprudenza, in tema di equa riparazione, ha stimato il danno non patrimo-niale nelle cifre comprese tra i 1.000/1.500 € di indennizzo per ogni anno di ritardo rispetto alla durata ragionevole del processo.
La risultante di questo primo calcolo costituisce solo la base di partenza della valutazione e può subire un ulteriore aumento di € 2.000,00 in relazione all’importanza della materia oggetto del contendere (diritto del lavoro, stato e capacità delle persone, pensioni, procedure particolarmente gravi in relazione alla salute o alla vita delle persone) e a seconda della Corte territoriale competente.

Quali i termini ?
Il ricorso per equa riparazione va presentato entro 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il processo. Scaduti i sei mesi, la parte è considerata decaduta dal proporre il ricorso.
Il risarcimento può essere chiesto anche a processo ancora pendente. In questo caso verrà fatta una prima liquidazione e, se il processo poi non terminerà entro un tempo ragionevole, potrà presentarsi un secondo ricorso per l’ulteriore “segmento” temporale di irragionevole durata, che darà luogo ad una seconda ed ulteriore liquidazione.

Quali i tempi per il ristoro ?
In media, dal momento della proposizione del ricorso introduttivo a quello del concreto recupero dell’indennizzo, compresa la fase esecutiva, trascorre generalmente un lasso di tempo di circa 18 mesi.
Naturalmente i tempi dipendono dalla rapidità con cui le Corti d’Appello, dislocate sul territorio nazionale, provvedono alla fissazione dell’udienza ed al deposito del provvedimento conclusivo della procedura.
Se il Ministero non provvede volontariamente al pagamento delle somme, si potrà agire esecutivamente per il recupero forzoso del proprio credito.

Quali i costi ?
In caso di affidamento della pratica, il sistema tariffario che solitamente si utilizza è quello del patto di quota lite, con un piccolo acconto unico iniziale, chiedendo il compenso in percentuale solo al momento del recupero effettivo della somma e nulla in caso di rigetto della domanda.
Chi ha diritto al gratuito patrocinio, può chiederlo ed ottenerlo anche per i ricorsi per equa riparazione.

Pretendi il rispetto dei tuoi diritti: rivolgiti alla CEDU (corte europea dei diritti dell'uomo)

I cittadini dell’Unione europea, nel caso in cui ritengano violati i propri diritti, possono ricorrere alla Corte dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo. I diritti sanciti nella Convenzione e tutelati dal Tribunale di Strasburgo sono parecchi, ma si può richiedere l'intervento della Corte solo quando sono esaurite le vie di ricorso interne.

Il tribunale di Strasburgo è la più importante istituzione di tutela giuridica dei diritti dell'uomo a livello europeo. Ogni singolo cittadino dell'Europa unita può rivolgersi alla Corte per lamentarsi dell’eventuale lesione dei diritti sanciti dalla Convenzione. Questa istituzione però non si occupa dei ricorsi diretti contro privati o contro istituzioni private.

Ecco, per esempio, alcuni casi si può ricorrere al Tribunale di Strasburgo
  • la lentezza cronica dei processi nazionali, cioè se vogliamo che il processo in cui siamo coinvolti sia risolto entro un tempo ragionevole
  • per trattamenti disumani o degradanti
  • per far valere il diritto alla libertà di espressione
  • per tutelare la privacy della propria vita privata e familiare e della propria corrispondenza 
Tra i Paesi più condannati a Strasburgo, per la lentezza dei processi giudiziari, al primo posto c’è proprio l’Italia e per lo stesso motivo la Russia, la Francia, Polonia e Turchia. Anche se per quest’ultimo Paese le condanne che pesano maggiormente sono quelle "pesanti", cioè torture inflitte agli oppositori curdi, violazione del diritto alla vita e dei principi basilari della democrazia, come per esempio la libertà di espressione

Il rispetto dei diritti umani garantito dall'avvocato italiano.

Una delle principali realizzazioni dell’Unione europea è stata la creazione di un vasto spazio senza frontiere, all’interno del quale i cittadini sono liberi di circolare senza essere soggetti a controlli alle frontiere. I cittadini europei sono liberi di scegliere in quale paese dell’Unione europea stabilirsi e lavorare.
Perché sia possibile godere appieno di queste libertà, l’Unione europea deve gestire efficacemente le sue frontiere esterne. Le sue autorità giudiziarie e le sue forze di polizia devono inoltre operare in stretta collaborazione per assicurare che, in qualsiasi paese dell’Unione europea, i cittadini europei godano della stessa protezione dalla criminalità, abbiano lo stesso accesso alla giustizia e possano esercitare pienamente i loro diritti.
L’Unione europea sta sviluppando una politica più coordinata in materia di asilo e immigrazione affinché i richiedenti asilo siano trattati equamente e gli immigrati che risiedono legalmente nell’Unione europea siano integrati nelle società europee. Sono inoltre in via di adozione iniziative volte ad impedire gli abusi e combattere l’immigrazione clandestina.
Del resto, in un mondo globalizzato, è fondamentale che i paesi dell’Unione europea collaborino efficacemente per combattere la criminalità e il terrorismo.
Tutto ciò garantirà che l’Unione europea sia effettivamente uno spazio unico di libertà, sicurezza e giustizia per tutti.

L'avvocato non può più ignorare questi nuovi scenari!

La CEDU, con la sua giurisprudenza, ci ha insegnato come, in ambito europeo, il diritto interno debba cedere il passo ai suoi insegnamenti; come l'interpretazione che Essa da della Convenzione debba considerarsi "vincolante" e "sovraordinata" rispetto a quella dei nostri giudici; come il diritto internazionale si avvii, sia pure con comprensibile fatica, attraverso un percorso irto di ostacoli, a rappresentare un ordinamento sempre più integrato con gli ordinamenti nazionali, al pari del diritto dell'Unione Europea; come il sistema convenzionale abbia, a ragione, ormai realizzato un proprio spazio giudiziario.

Studio Legale Angela Damico: l’art. 14 comma 5 ter non è ostativo al rilascio del permesso di soggiorno

http://www.corrieresalentino.it/attualita/26147-lart-14-comma-5-ter-non-e-ostativo-al-rilascio-del-permesso-di-soggiorno

Lo stato dei diritti umani in Italia secondo Human Rights Watch secondo Luigi Serino

Human Rights Watch, il mese scorso ha reso nota la sua relazione annuale “Word report 2011”, in cui viene analizzata la questione del rispetto e della salvaguardia dei diritti umani nel mondo. Human Rights Watch è una delle principali organizzazioni internazionali indipendenti e dedica il suo impegno, ormai trentennale, principalmente nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche afferenti ai diritti fondamentali.HumanRightWatch
L'organizzazione newyorkese, nel suo rapporto, descrive la difficile situazione italiana con toni abbastanza critici, evidenziando che razzismo, xenofobia, violenza sono ancora un serio problema per il nostro paese. Il rapporto si concentra infatti sulla discriminazione sessuale, etnica e religiosa che aleggia, spesso con indifferenza, nella vita politica e sociale del Paese.
La disamina parte dalle note e tristi vicende di Rosarno, che a gennaio sfociarono in uno scontro violento fra migranti africani e forze dell'ordine e produsse diversi feriti da entrambe le parti. Infatti, a seguito degli scontri, 11 lavoratori migranti africani rimasero gravemente feriti mentre 10 agenti delle forze dell’ordine e 14 residenti dovettero far ricorso alle cure mediche. A seguito della violenta guerriglia, le cui immagini fecero il giro del mondo, più di mille migranti dovettero, poi, lasciare la città. Va ricordato che la protesta scaturì a causa del ferimento, da parte di sconosciuti, con un’arma ad aria compressa, di alcuni cittadini extracomunitari, già costretti a vivere in penose e disumane condizioni in fabbricati abbandonati e spesso sfruttati, da imprenditori senza scrupoli, nella raccolta delle arance. La difficile situazione di emarginazione e degrado dei lavoratori africani, che le istituzioni conoscevano da tempo, è esplosa con tutta la sua rabbia proprio per il fatto che i diritti dei migranti venivano calpestati quotidianamente. Queste erano persone ridotte in schiavitù, costrette a lavorare nei campi agricoli della piana di Gioia Tauro, il tutto nell’indifferenza generale, fino alla rivolta avvenuta nel gennaio del 2010. Il problema, purtroppo, è che di Rosarno ne è piena l’Italia. Soprattutto il mezzogiorno. La questione di fondo sta dunque nel combattere la piaga dell’indifferenza e del razzismo strisciante nei confronti dei migranti. Persone, uomini, donne e bambini che pretendono ed hanno diritto a condizioni vita migliori e soprattutto a non essere sfruttati.
L’obiettivo del rapporto viene poi focalizzato sulle discriminazioni operate nei confronti delle comunità Rom e Sinti, stipate in campi autorizzati o abusivi, oggetto di "sfratti forzati" e contributi economici affinché abbandonino il paese.
Centrale anche la questione dei respingimenti. In primo luogo, il rapporto dell’organizzazione non governativa newyorkese cita la Corte europea dei diritti dell'uomo ed il Consiglio d'Europa che diverse volte si sono pronunciati contro il trasferimento di sospettati di terrorismo (come Mohammed Mannai, membro di un gruppo jihadista, condannato dal tribunale di Milano, in Tunisia), spesso a rischio di maltrattamenti e violenze nei propri Paesi d'origine. Fortemente criticato il comportamento dell'Italia che ad aprile ha "violato il divieto di respingimento" quando ha intercettato un'imbarcazione carica di migranti, e l'ha rispedita in Libia, senza curarsi del proprio stato psico-fisico, senza verificare se ci fossero persone bisognose di protezione internazionale e senza dar loro la possibilità di chiedere asilo. Comportamento che le autorità italiane avevano tenuto già nel maggio del 2009, quando non concesse il diritto d’asilo ad una dozzina di Eritrei, in fuga da una guerra civile, e li respinse verso la Libia, dove furono “vittime di maltrattamenti e detenzioni illegittime, insieme ad altre centinaia di connazionali".
Infine, l’analisi di Human Rights Watch si concentra sul processo ai poliziotti responsabili delle violenze commesse nel corso del G8 di Genova. A fronte "della condanna di 25 agenti su 29", il ministero dell'Interno "ha comunicato di non volerli sospendere". Dunque, dure condanne sono state fatte anche in riferimento agli episodi del G8 di Genova, proprio per il fatto che il Ministero ha deciso di non sospendere dal servizio gli agenti che sono stati condannati in Appello, dopo essere stati assolti in primo grado, per le violenze commesse contro i manifestanti nella scuola Diaz durante il G8 di Genova.
Questi sono gli episodi più critici sul piano dei diritti umani in Italia, per i quali l’organizzazione non governativa americana ha speso parole non troppo confortanti. Sarebbe, pertanto, da augurarsi un cambio di rotta delle politiche governative, nella speranza che queste mettano definitivamente al centro del dibattito il rispetto e la tutela dei diritti umani, soprattutto con riferimento alle politiche riguardanti l’immigrazione e l’inclusione sociale delle comunità Rom e Sinti.

DUit - Diritti Umani in Italia