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domenica 13 marzo 2011

dott. Fabio Rizzo: Risarcimento per l'eccessiva durata del processo.

Cos'è ?Al 31 dicembre 2008 sono pendenti presso la Corte europea dei diritti dell’uomo 2600 ricorsi a carico dell’Italia per irragionevole durata dei giudizi e alla stessa data sono ben 37.903 i decreti emessi dalle varie Corti di Appello dall’entrata in vigore della Legge 89/01, con un esborso complessivo di ottantuno milioni di euro.
La Legge del 24 marzo 2001, n. 89, denominata comunemente “legge Pinto”, ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico statale uno strumento che consente un’equa riparazione a chi è stato coinvolto in un processo – civile, penale, amministrativo, pensionistico, militare o, a certe condizioni, tributario – per un periodo di tempo considerato irragionevole, cioè troppo lungo.
Qual è la ragionevole durata del processo ?
In generale i Giudici italiani hanno fissato la durata ragionevole del processo in primo grado in tre anni. Per il secondo grado, invece, la durata ragionevole è stata indicata in due anni ed in uno per i gradi successivi.
N.B. La Giurisprudenza della Corte Europea ha acclarato ragionevole la durata media del processo di primo grado se contenuta in tre anni (due anni e sette mesi se trattasi di cause di lavoro o di status).

Chi può ricorrere ?
Chiunque nel processo abbia assunto la qualità di parte processuale (attore o convenuto), a prescindere dall’esito della lite per la parte ricorrente sia che essa perda, vinca o concili la lite davanti ai giudici nazionali.

Cosa risarcire ?
L'equa riparazione prevede il risarcimento di danni sia patrimoniali che non patrimoniali.
In relazione ai primi, occorre dimostrare che il lungo iter processuale, di cui si lamenti l'eccessiva durata, abbia causato specifici danni al patrimonio (ad esempio, la perdita di reddito, ovvero l'impossibilità di acquisire proventi).
Per quanto riguarda, invece, i danni non patrimoniali, la Corte di Cassazione si è adeguata alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale conferma che, in tema di equa riparazione, “ai sensi dell'art. 2, della Legge 24 marzo 2001, n. 89, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali”.
In sintesi: poiché il danno non patrimoniale costituisce una conseguenza della violazione, è normale che l'irragionevole lunghezza di un processo produca, nella parte coinvolta, afflizioni, ansie, sofferenze morali che non occorre dimostrare. Le conseguenze non patrimoniali, quindi, possono ritenersi presenti senza il bisogno di alcuna prova relativa al singolo caso.

Qual è l'importo dell'indennizzo ?
La giurisprudenza, in tema di equa riparazione, ha stimato il danno non patrimo-niale nelle cifre comprese tra i 1.000/1.500 € di indennizzo per ogni anno di ritardo rispetto alla durata ragionevole del processo.
La risultante di questo primo calcolo costituisce solo la base di partenza della valutazione e può subire un ulteriore aumento di € 2.000,00 in relazione all’importanza della materia oggetto del contendere (diritto del lavoro, stato e capacità delle persone, pensioni, procedure particolarmente gravi in relazione alla salute o alla vita delle persone) e a seconda della Corte territoriale competente.

Quali i termini ?
Il ricorso per equa riparazione va presentato entro 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il processo. Scaduti i sei mesi, la parte è considerata decaduta dal proporre il ricorso.
Il risarcimento può essere chiesto anche a processo ancora pendente. In questo caso verrà fatta una prima liquidazione e, se il processo poi non terminerà entro un tempo ragionevole, potrà presentarsi un secondo ricorso per l’ulteriore “segmento” temporale di irragionevole durata, che darà luogo ad una seconda ed ulteriore liquidazione.

Quali i tempi per il ristoro ?
In media, dal momento della proposizione del ricorso introduttivo a quello del concreto recupero dell’indennizzo, compresa la fase esecutiva, trascorre generalmente un lasso di tempo di circa 18 mesi.
Naturalmente i tempi dipendono dalla rapidità con cui le Corti d’Appello, dislocate sul territorio nazionale, provvedono alla fissazione dell’udienza ed al deposito del provvedimento conclusivo della procedura.
Se il Ministero non provvede volontariamente al pagamento delle somme, si potrà agire esecutivamente per il recupero forzoso del proprio credito.

Quali i costi ?
In caso di affidamento della pratica, il sistema tariffario che solitamente si utilizza è quello del patto di quota lite, con un piccolo acconto unico iniziale, chiedendo il compenso in percentuale solo al momento del recupero effettivo della somma e nulla in caso di rigetto della domanda.
Chi ha diritto al gratuito patrocinio, può chiederlo ed ottenerlo anche per i ricorsi per equa riparazione.

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